Welfare aziendale in Italia: numeri, tendenze e impatto sul mondo del lavoro

Negli ultimi anni, il welfare aziendale ha assunto un ruolo sempre più centrale nel contesto economico e sociale italiano, configurandosi come uno strumento strategico di gestione del personale e leva competitiva per le imprese.

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dati del welfare aziendale in italia

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La sua evoluzione è il risultato di un progressivo mutamento culturale, normativo e organizzativo, che ha reso il benessere dei lavoratori una priorità condivisa, in un mercato del lavoro in continua trasformazione.

L’affermazione del welfare aziendale in Italia è avvenuta in risposta a molteplici fattori: dalla necessità di aumentare la produttività e la fidelizzazione dei dipendenti, alla crescente attenzione alla qualità della vita lavorativa, fino al bisogno di integrare e supportare le carenze del welfare pubblico. A questo si è aggiunto anche un contesto normativo favorevole, che ha incentivato fiscalmente l’introduzione di servizi e benefit aziendali, in particolare con la Legge di Stabilità del 2016 e le successive modifiche del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

L’evoluzione normativa del welfare aziendale e il quadro attuale

Il punto di svolta normativo è stato rappresentato dall’articolo 1, comma 182, della Legge 208/2015, che ha permesso alle imprese di convertire parte dei premi di produttività in servizi e prestazioni di welfare, beneficiando al contempo di vantaggi fiscali. Questa misura ha favorito un rapido incremento dell’adozione di strumenti di welfare, soprattutto tra le medie e grandi imprese, ma anche tra le PMI (Piccole Medie Imprese) grazie alla diffusione di piattaforme digitali e soluzioni modulari.

Welfare aziendale: i numeri nello specifico

Nel 2023, secondo i dati del Ministero del Lavoro e dell’Osservatorio Welfare di Edenred, oltre il 58% delle aziende con più di 50 dipendenti ha implementato almeno un piano strutturato di welfare aziendale. Tuttavia, gli stessi dati mettono in luce un divario territoriale ancora significativo: in particolare, il rapporto evidenzia che nel Nord Italia la percentuale raggiunge il 72%, mentre nelle regioni del Sud si ferma attorno al 45%. Questo squilibrio riflette non solo le differenze nella capacità economica delle imprese, ma anche un diverso livello di maturità organizzativa e culturale in merito al benessere dei lavoratori. La diffusione del welfare aziendale resta quindi eterogenea e fortemente influenzata dal contesto produttivo e socio-economico di riferimento.

Dati statistici e settori coinvolti

Quali sono i principali ambiti di intervento dei succitati piani di welfare aziendale? Una recente indagine condotta da Censis e Confindustria risponde esaustivamente a questo interrogativo, delineando una panoramica alquanto precisa (le percentuali evidenziate sono relative all’anno 2024).

  • Assistenza sanitaria integrativa: 78% delle aziende
  • Buoni acquisto e spesa: 65% delle aziende
  • Contributi per l’istruzione dei figli: 49%
  • Sostegno alla genitorialità: 42%
  • Mobilità sostenibile e trasporto: 37%
  • Servizi di benessere psicologico e counselling: 25%

L’indagine condotta da Censis e Confindustria ha inoltre evidenziato che il settore in cui il welfare appare più radicato è quello manifatturiero, seguito da quello bancario-assicurativo e dai servizi professionali. Infine, un altro dato da non trascurare è che anche l’interesse tra le imprese del commercio e della logistica, storicamente meno coinvolte in queste pratiche, sia in rapida crescita.

Welfare aziendale: le tendenze emergenti e le nuove priorità

In un contesto in continua evoluzione, appare interessante analizzare anche le tendenze più rilevanti emerse negli ultimi anni. In linea di massima, queste riguardano la crescente personalizzazione dell’offerta, la digitalizzazione dei servizi e l’inclusione del welfare tra i criteri ESG (Environmental, Social, Governance). Le imprese stanno adottando sempre di più un approccio orientato al cosiddetto “welfare su misura”, con piattaforme digitali che consentono ai dipendenti di scegliere i benefit più adatti alle proprie esigenze.

Inoltre, il benessere psicologico è diventato una priorità, soprattutto dopo la pandemia da COVID-19, che ha acuito le fragilità personali e lavorative. Sempre più aziende includono nei propri piani sportelli di ascolto, programmi di supporto emotivo e percorsi di mindfulness.

Un’altra tendenza emergente riguarda l’integrazione tra welfare e sostenibilità, con benefit legati alla mobilità green, al work-life balance e al supporto alla comunità locale. 

In questo contesto, il welfare aziendale si configura come uno strumento trasversale capace di rafforzare la cultura organizzativa e la responsabilità sociale d’impresa.

Impatto sul mercato del lavoro

I benefici che il welfare aziendale porta con sé sono molteplici e abbracciano ambiti diversi tra loro. Innanzitutto migliora la qualità della vita lavorativa, aumenta il senso di appartenenza dei lavoratori, riduce il turnover, oltre che rafforzare la brand reputation aziendale. Non è un caso, infatti, se le aziende che adottano misure di welfare dichiarano un incremento della produttività (nel 62% dei casi secondo l’Osservatorio Welfare Index PMI), una maggiore capacità di attrarre talenti e una riduzione delle assenze per motivi di salute o stress.

Dal punto di vista macroeconomico, il welfare aziendale rappresenta un’integrazione virtuosa al welfare pubblico, contribuendo alla riduzione delle disuguaglianze e sostenendo i redditi familiari, specialmente in un’epoca caratterizzata da inflazione elevata e stagnazione dei salari reali.

Le prospettive future 

Il welfare aziendale si sta consolidando come un elemento imprescindibile per la competitività e la sostenibilità delle imprese italiane. Tuttavia, persistono alcune criticità, come la disparità di accesso tra lavoratori di grandi e piccole aziende, e tra territori con livelli di sviluppo diversi. Gli esperti del settore, concordano sul fatto che per colmare questo importante divario, sarà fondamentale incentivare ulteriormente l’adozione di strumenti di welfare anche tra le PMI, magari attraverso reti territoriali, accordi di secondo livello e il supporto delle associazioni di categoria.

In futuro, il welfare dovrà evolvere verso modelli ancora più integrati, inclusivi e partecipativi, come quelli offerti da Groupama Assicurazioni, capaci di rispondere non solo ai bisogni materiali, ma anche a quelli relazionali, educativi e ambientali dei lavoratori. In questo modo si potrà contribuire realmente a costruire un mercato del lavoro più equo, attrattivo e resiliente.

L’articolo in breve

Negli ultimi anni, il welfare aziendale ha assunto un ruolo strategico per le imprese italiane, diventando un pilastro della gestione del personale e una leva per la competitività. La sua diffusione risponde a esigenze multiple: migliorare la produttività, fidelizzare i dipendenti, integrare il welfare pubblico e promuovere il benessere lavorativo. Il punto di svolta normativo è stato la Legge di Stabilità 2016, che ha favorito la conversione dei premi di produttività in servizi di welfare, incentivando fiscalmente le imprese.
Nel 2023, oltre il 58% delle aziende con più di 50 dipendenti ha adottato almeno un piano strutturato, con una concentrazione maggiore al Nord. I principali ambiti coperti includono assistenza sanitaria, buoni spesa, istruzione, genitorialità, mobilità sostenibile e supporto psicologico. Le nuove tendenze puntano su personalizzazione, digitalizzazione e integrazione con i criteri ESG.
L’impatto è rilevante anche sul mercato del lavoro: il welfare aziendale migliora il clima aziendale, riduce l’assenteismo, rafforza la brand reputation e aiuta ad attrarre talenti. Per il futuro, sarà cruciale estendere questi strumenti anche alle PMI, attraverso reti territoriali e soluzioni inclusive, come quelle proposte da Groupama Assicurazioni, per un mercato del lavoro più sostenibile ed equo.

Pubblicato il 14 Maggio 2025

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