Quali sono le tipologie di riscatto prima del pensionamento?

Per tantissime ragioni diverse, può accadere che ci siano dei periodi in cui i lavoratori non abbiano versato i contributi previdenziali, lasciando così alcune lacune. La buona notizia è che tali mancanze possono essere colmate attraverso il versamento dei contributi da riscatto, consentendo al singolo individuo di mantenere o migliorare i suoi diritti pensionistici.

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In sostanza, si tratta di una via alternativa per riparare ad eventuali discontinuità, garantendo un’entrata pensionistica adeguata per il futuro. 

Riscatto previdenziale: cosa significa 

Se agli inizi della carriera lavorativa i pensieri sono decisamente concentrati su altro, con la maturità si inizia a dare importanza a tutto ciò che rientra nel novero del pensionamento. A tal proposito, accade spesso che ci siano degli anni in cui il lavoratore non abbia versato i contributi previdenziali. Ed ecco che entra in gioco il riscatto ai fini pensionistici INPS, ovvero un modo che consente al soggetto interessato di colmare dei periodi in cui non sono state versate le imposte in questione, sia a causa di particolari attività svolte che non prevedevano la copertura previdenziale, sia a causa della mancata assunzione da parte del datore di lavoro dei contributi dovuti per i periodi di lavoro effettuati. 

Per avere un quadro ancora più chiaro della situazione, proprio attraverso il riscatto, si ha la possibilità di richiedere all’istituto di previdenza di essere ammessi al versamento dei contributi per i periodi interessati, effettuando un pagamento in un’unica soluzione oppure seguendo un piano di rateizzazione, per un massimo di dodici anni senza interessi.  

Contributi da riscatto e da lavoro: c’è differenza? 

Trattandosi di una ulteriore tutela sancita dalle normative fiscali, i contributi da riscatto hanno esattamente la stessa validità di quelli versati normalmente nel corso degli anni attraverso l’attività lavorativa. Dunque, sia in termini legali e di diritto, sia in termini prettamente economici, i contributi in esame sono considerati allo stesso modo. 

Inoltre, è importante sottolineare il fatto che tra i contributi da riscatto INPS e quelli versati volontariamente sussiste una netta differenza poiché, mentre i primi sopperiscono a fasi temporali non contributive, come gli anni di studio, i secondi sono versamenti aggiuntivi che si applicano principalmente a periodi di lavoro retribuito ma non contributivo. 

Quando è possibile riscattare? 

Capita a molte persone prossime all’età pensionabile di voler integrare i periodi di contribuzione mancanti, o non obbligatori, al fine di poter accedere a determinati benefici previdenziali. 

Con la doverosa premessa che la decisione di effettuare il riscatto spetta sempre al lavoratore, sussistono tre principali situazioni in cui è possibile fare domanda all’INPS per avviare la procedura di riscatto: 

  • periodi per i quali è intervenuta la prescrizione di legge, ovvero il superamento del periodo di 10 anni senza contribuzione obbligatoria; 
  • periodi in cui non era previsto l’obbligo di versamento contributivo, come ad esempio durante gli studi universitari; 
  • periodi per i quali sono state introdotte specifiche disposizioni legislative che consentono il riscatto. 

Quando riscattare: cosa dice la legge 

Qualora si volesse integrare la propria posizione contributiva, occorre necessariamente che i periodi in oggetto siano conformi a quanto disciplinato dalla legge. In questo senso, le tipologie del riscatto prima del pensionamento sono le seguenti, senza alcuna eccezione: 

  • versamento dei contributi omessi e prescritti; 
  • periodi di studio universitario, come laurea, dottorato o titoli equivalenti; 
  • mesi o anni in cui il lavoro è stato svolto all’estero; 
  • periodi di formazione professionale, studio, ricerca e inserimento nel mercato del lavoro successivi al 31 dicembre 1996; 
  • periodi di interruzione o sospensione del rapporto di lavoro determinati da previsioni di legge o di contratto, come ad esempio periodi di sciopero, aspettative per motivi personali o familiari, congedi per la formazione professionale come previsti dalla legge 53/2000; 
  • periodi intercorrenti tra un rapporto di lavoro e l’altro nel caso di lavori discontinui, stagionali e temporanei; 
  • integrazione ai fini pensionistici del lavoro svolto a tempo parziale; 
  • servizio civile prestato successivamente al 31 dicembre 2008; 
  • nuovo servizio civile universale; 
  • lavori socialmente utili, prestati dopo il 1.8.1995; 
  • periodi di lavoro irregolare in base alla legge n. 383/2001; 
  • anni di praticantato svolti dai promotori finanziari; 
  • congedo parentale collocato al di fuori del rapporto di lavoro; 
  • integrazione della misura della pensione, dove la contribuzione figurativa sia stata riconosciuta in misura convenzionale e non intera, nei permessi per malattia, nel congedo parentale per educazione e assistenza dei figli o ai periodi di assistenza ai disabili.  

Il riscatto della laurea 

Un caso particolare è costituito dai contributi da riscatto della laurea. Questo perché il decreto legge n. 4 del 2019 ha introdotto la possibilità di recuperare gli anni di studio per il conseguimento del titolo in modo agevolato, a condizione che il periodo interessato sia collocabile dopo il 1995. Questo significa che coloro che desiderano riscattare gli anni universitari per il conteggio del periodo contributivo per la pensione possono farlo a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle normalmente previste. 

In questa forma, infatti, il costo del riscatto è fisso per tutti: nel 2023 si aggirava intorno a circa 5.775 euro e per il 2024 ammonta a 6.076 euro per ogni anno di durata legale del corso universitario. Una cifra del tutto diversa da quella richiesta per il riscatto dei contributi INPS prima del 1995, che invece varia a seconda del reddito personale, e difficilmente raggiunge importi bassi come quello precedentemente indicato. Tuttavia, è importante notare che i valori per il 2024 devono ancora essere ufficializzati dall’INPS, e perciò è sempre consigliabile affidarsi ai consigli di un professionista della materia. 

Perché scegliere la Previdenza Integrativa di Groupama Assicurazioni 

Sempre più spesso, molte persone decidono di tutelare il proprio futuro affidandosi ad una forma di previdenza integrativa. Si tratta di uno strumento prezioso, che si rivela molto utile nel momento in cui si smette di lavorare: affiancare una previdenza complementare a quella obbligatoria, è un modo saggio per garantire in futuro un tenore di vita migliore. Groupama Assicurazioni offre un ampio ventaglio di programmi per la pensione integrativa permettendo ai lavoratori di scegliere la soluzione più adatta alle proprie esigenze e obiettivi finanziari. Queste opzioni, infatti, possono includere diversi piani di investimento, livelli di rischio e modalità di erogazione della rendita. Partecipare a un piano di previdenza complementare, come quello offerto da Groupama può offrire diversi benefici, tra cui un maggiore benessere finanziario durante la pensione, garantendo un flusso di reddito superiore durante gli anni della terza età. In questo contesto, è bene sottolineare che è possibile accedere a benefici fiscali, poiché dal 2007 i contributi versati sia per se stessi che per il proprio nucleo familiare, sono deducibili dal reddito complessivo – fino ad un massimo di 5.164,57 euro annui. 

Tra i vantaggi dei programmi proposti, inoltre, vi è la flessibilità con la quale si può costruire la propria pensione integrativa, poiché è possibile decidere quanto versare e la periodicità con la quale farlo e, nel caso dei dipendenti, si può optare anche per un’ulteriore strada, ovvero utilizzare delle somme derivanti dal TFR per contribuire al piano.  Decidere di affidarsi al fondo pensione complementare di Groupama Assicurazioni, significa guardare al futuro maggiore serenità.

Pubblicato il 18 Aprile 2024

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